MACEO CARLONI
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Sindacalista negli anni del fascismo

Nel corso del processo per omicidio uno degli imputati, Alfredo Filipponi, pubblicò sull'"Unità" del 5.9.1948 un articolo dal titolo "Ricordi delle lotte partigiane", nel quale definiva Maceo Carloni come "una delle più pericolose spie dei fascisti e dei tedeschi". Contro il Filipponi e il direttore dell'"Unità", Pietro Ingrao, fu proposta da Stelvio ed Enrico Carloni querela per diffamazione a mezzo stampa.
Il Filipponi era il comandante partigiano che nel processo per omicidio aveva assunto su di sé la responsabilità della condanna a morte di Maceo Carloni quale presunta spia nazi-fascista. Egli quindi aveva l'onere morale e giuridico di fornire dinanzi al Giudice la prova di questa accusa. Tale onere non fu però assolto malgrado il gran numero di testi escussi ad istanza dell'imputato, alcuni dei quali responsabili materiali del delitto.
Pertanto, con sentenza del 10.12.1953, il Tribunale di Roma dichiarò che il Filipponi non aveva offerto la prova liberatoria e lo dichiarò colpevole del reato ascrittogli. L'azione promossa contro l'altro imputato, Pietro Ingrao, fu invece dichiarata improcedibile, poiché nelle more del processo costui era stato eletto membro della Camera dei Deputati ed era quindi coperto dall'immunità parlamentare.
Nel giudizio d'appello il Filipponi si avvalse dell'amnistia largita con D.P.R. 19/12/1953, n. 922, così come nel processo per omicidio si era avvalso di quella del 1945.